Attualità

Giovane ricercatore ruvese vince la “Raymond Davis scholarship”

Francesca Elicio
Tony Fiore svolge un dottorato in bioingegneria negli Stati Uniti. Si occupa di microscopia Brillouin, una tecnica che permette di visualizzare proprietà meccaniche di cellule e tessuti utilizzando la luce
scrivi un commento 2880

Continuiamo a puntare i riflettori sui tanti talenti ruvesi “emigrati” all'estero. Giovani con un alto potenziale, ma con pochissime possibilità di emergere in Italia. Forse fin troppo capaci per poter restare in una terra che non ha permesso loro di esprimersi in tutte le loro competenze.

Questa volta vi raccontiamo la storia di Antonio (per gli amici Tony) Fiore, classe 1991, studente di dottorato in bioingegneria alla University of Maryland, negli Stati Uniti. Se gli si chiede da dove è nata questa sua passione per la bioingegneria, Tony sorride. «In realtà io sono laureato in fisica» – ci racconta. «Volevo occuparmi di fisica applicata e, scoprendola meglio, mi sono imbattuto nella fisica applicata alla medicina, in particolare il bioimaging. Studiando questa disciplina, ho conosciuto Giuliano Scarcelli, un professore che lavora in America, ma che è originario di Bari, il quale mi ha chiesto di fare il dottorato con lui. Mi ha subito detto che però non avrei lavorato in un laboratorio di fisica, ma di bioingegneria. Per me non ci sono stati assolutamente problemi: la cosa non mi dispiace perché sto imparando cose nuove e sto ampliando la mia conoscenza alla biologia e alla medicina, cosa che prima non avevo mai fatto. Tuttavia mi considero un fisico più che un ingegnere».

Tony passa la maggior parte del tempo in laboratorio facendo ricerca: si occupa di microscopia Brillouin. E’ un modo di visualizzare le proprietà meccaniche (come ad esempio la durezza o l'elasticità dei tessuti) usando la luce. Questo è legato alla degenerazione dei tessuti: se le cellule sono cancerogene, esse tendono a diventare più morbide ed elastiche; quindi riuscire a studiare queste componenti significa riuscire ad avere un metodo per diagnosticare i tumori.

Da quanto tempo ti trovi in America? Quali sostanziali differenze incontri tra il nostro sistema e quello americano?

«Sono qui da un anno e mezzo. Sicuramente il sistema universitario americano è molto più stressante di quello italiano; non mi piace il fatto che sia privato. Preferisco il sistema pubblico italiano che sicuramente non sminuisce i nostri talenti. Se però dobbiamo parlare di ricerca, qui tocchiamo una nota dolente. In America ovviamente i finanziatori privati gestiscono meglio i soldi, quindi la ricerca è finanziata molto di più rispetto all’Italia. Per questo ci sono molti giovani che emigrano negli Stati Uniti. Per quanto riguarda il mio settore, si può dire che è estremamente finanziato, perché la ricerca biomedicale e tutto ciò che concerne la prevenzione di tumori sono le predilette».

Sappiamo che hai vinto un premio per un tuo progetto. Puoi raccontarci di cosa si tratta?

«La “Raymond Davis scholarship” è un'istituzione della Society for Imaging science and Technology che finanzia la ricerca sull’immagine e sull’ottica in generale. Ho sottoposto a questa scholarship il mio progetto che ha occupato il primo anno di dottorato, riguardante l’imaging di tessuti non trasparenti per la diagnosi di placche arteriosclerotiche. La scholarship che ho vinto è un incentivo a continuare il proprio lavoro. Sono stato invitato alla Colors and Imaging 2016, una conferenza a San Diego per ritirare il premio e poter parlare di cosa mi occupo nello specifico. I vantaggi che ho avuto da tutto ciò sono molteplici: ho avuto esperienza nello scrivere un’application per un fondo di ricerca; sicuramente conoscerò molta gente e c’è la possibilità che molti si interessino al mio lavoro e si potranno creare collaborazioni con altre università».

Come ti vedi nel futuro? Credi che il tuo posto sia in America o cercherai in qualche modo di tornare nella tua madre patria?

«Devo essere sincero, non avrei problemi a tornare in Europa: se dopo il dottorato trovassi opportunità in Europa potrei tornarci; il vero punto è trovare un posto in cui viene valorizzato il tuo lavoro come viene valorizzato qui. Io mi auguro che ciò accada. Adoro la cultura europea. Per quanto riguarda l’Italia la vedo un po’ difficile nel campo della ricerca: però tutto può succedere».

giovedì 27 Ottobre 2016

Argomenti

Notifiche
Notifica di
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti

Le più commentate della settimana