Attualità

Ruvo, un gioiello nel cuore dei suoi figli lontani

Francesca Elicio
Due racconti emblematici di chi ha dovuto abbandonare la propria terra, ma la ama ancora e non può dimenticare le scorribande infantili e le "cavalcate" sui leoni della maestosa Cattedrale​ romanica
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Ruvo di Puglia è una gemma preziosa incastonata in un collier: piccola ma così lucente da non passare inosservata. E proprio per questo motivo, indimenticabile. Indimenticabile negli occhi di chi, seppur contro la propria volontà, ha dovuto lasciare la sua terra per trasferirsi altrove. Che sia per lavoro, o addirittura per scelte fatte dai propri antenati, nessuno ha però cancellato un pezzo importante della sua storia. E ogni qualvolta è possibile, non rinuncia a trascorrere una piacevole giornata all’ombra della maestosa Cattedrale.

Abbiamo deciso oggi di raccontarvi alcune storie inedite. Gente comune, lavoratrice, che nella sua vita ha conosciuto tante rinunce e tanti sacrifici. Come quello di lasciare il proprio paese natale. Alcuni hanno deciso di aprirsi con noi, altri hanno preferito tenere per sé tutti i ricordi. Ma sono tutti accomunati da un fil rouge: l’amore per la nostra terra.

Testimonianze che dovremmo tenere a mente, soprattutto quando crediamo che la nostra città spesso pecchi e non sia all’altezza della sua fama.

Antonio Berardi è andato via all’età di 17 anni per arruolarsi nell’arma dei carabinieri. Ha sofferto molto il distacco da Ruvo: non ha mai dimenticato ad esempio le partite a calcio fatte con gli amici in pineta, o le scorribande nei pressi della cattedrale quando, ancora molto piccolo, cercava di scavalcare i leoni posti dinanzi all’entrata della chiesa. «Sono ancora molto legato a Ruvo; lì ho i fratelli e i miei nipoti». Ma per il momento sa che per tornare a casa non è ancora tempo. «Torno quasi tutti gli anni a Ruvo e seguo le sue vicende. Ma non penso di potermi trasferire nuovamente».

C’è poi chi poi non è nato e cresciuto a Ruvo, ma lo ama come se fosse casa sua. È il caso di Carmela Stasi, che attualmente vive a Faulquemont, in Francia. «Mio padre è andato via da Ruvo per lavoro all’età di 18 anni. Mi ha raccontato che per lui è stato molto difficile lasciare la famiglia per andare in Francia, un Paese di cui non conosceva neanche la lingua. Lì c’era uno zio da cui si è recato per vivere i primi tempi, fino a quando non ha trovato lavoro in una miniera. Dopo qualche anno si è sposato con mia madre, anche lei emigrata dalla Puglia, precisamente da Apricena, e arrivata in Francia con i nonni. Qui siamo nati io e i miei fratelli e nonostante la nostra vita sia ormai in questo posto, i miei genitori vengono spesso in Italia, poiché ci sono ancora i loro fratelli». Carmela racconta che per suo padre sarebbe meraviglioso tornare a Ruvo, ma la faccenda è molto complessa. Anche lui non ha mai dimenticato i giochi davanti alla Cattedrale e soprattutto le scavalcate sui leoni. «Conosco le vicende di Ruvo tramite internet, ma spesso anche io sono venuta. L’ultima volta è stata due anni fa. Amo la bellezza del paese, la bontà della tavola e soprattutto il dialetto». Alla domanda: «Lei sa parlare il dialetto?», Carmela mi risponde con un secco e scherzoso: «Sein». Anche suo marito, che è francese, alla fine non può più fare a meno del dialetto, ma soprattutto della focaccia e dei panzerotti.

«Ruvo è e resterà sempre nel nostro cuore», conclude Carmela.

mercoledì 12 Aprile 2017

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