Cultura

L’apprendimento che nasce dal gioco, Elena Musci presenta la sua idea di didattica

Francesca Elicio
Nella sua esperienza di studiosa e ricercatrice ha cercato di intrecciare nel migliore dei modi le discipline storiche e geografiche, essendo una prerogativa dell'altra
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Storia e geografia. Chissà in quanti hanno odiato queste due discipline durante la loro carriera scolastica. E chissà quanti le avranno considerate inutili e noiose: ma vi siete mai chiesti se queste due materie possano c’entrare tra loro? La risposta è sì. Non esiste studio geografico che non abbia accertato l’importanza della storia, e viceversa.

E’ proprio questo che Elena Musci, consulente in didattica della storia, ha voluto sottolineare con i suoi due contributi alla ricerca “Storia e geografia. Idee per una didattica congiunta”, condotta dall’Università di Padova con il contributo di studiosi e ricercatori come Cristina Minelle, Lorena Rocca e Francesco Bussi.

«L’assunto da cui partire – ha introdotto Monica Filograno – è quello di osservare il gioco come uno strumento di apprendimento, che abbinato alla creatività è prerogativa della didattica. Si cerca di sperimentare un percorso in cui le due materie siano sviluppate e venga a crearsi una nuova metodologia che sia diversa da quella dell’imparare a memoria nozioni e concetti».

Tema centrale dell’incontro è stato il paesaggio che, come ha sottolineato la Musci, è stata una pista offerta dal lavoro del suo docente Brusa. «Ho compreso che andava approfondito l’argomento quando, interrogando una ragazza in facoltà, lei non sapeva dirmi dove fosse l’Africa e il Brasile e confondeva i due posti», ha affermato l’autrice. «La base del problema risiede nei docenti, che spesso parlano di geostoria ma non sanno nella pratica di cosa si occupa: c’è bisogno di una didattica diversa. Il mio lavoro ha un unico scopo: aiutare gli studenti a ragionare con la propria testa».

Ma perché proprio il paesaggio? Perché esso si rivolge al passato per poter guardare al futuro con nuove prospettive ed è ciò che meglio riesce a intrecciare in modo del tutto naturale la storia e la geografia, sia nella sedimentazione di civiltà e popoli, sia nella progettazione di azioni di salvaguardia e di recupero del patrimonio naturale. Studiare il paesaggio vuol dire guardare, capire e trasformare il mondo.

«E’ bene precisare cosa sia il paesaggio – ha proseguito la dottoressa Musci – che come forma del territorio non coincide con quello naturale. Oggi in realtà non esiste un vero e proprio paesaggio naturale perché l’uomo ha contribuito a sviluppare la specie. Esso è un contesto territoriale in cui le componenti ambientali e naturalistiche si intrecciano a quelle antropiche e culturali, determinando un insieme sistemico. Inoltre la Commissione europea del paesaggio insiste molto sul ruolo dell’uomo: se egli vive in un paesaggio, automaticamente sarà portato a prendersene cura e soprattutto lo modifica e rielabora in base a esigenze economiche e sociali dipendenti dal contesto storico».

Il territorio in pratica diventa un libro aperto da leggere e interpretare attraverso un metodo di ricerca regressivo. Un esempio? La centuriazione romana: la sua organizzazione economica e sociale è notevolmente visibile e ha influenzato tutto ciò che viene dopo. E allora, come studiare il paesaggio nel contesto del laboratorio storico? Ecco che arrivano le diverse proposte a tutti i docenti: innanzitutto attraverso l’uscita didattica sul territorio, che permette di sperimentare cose che si fanno solo teoricamente e di inserirle nella programmazione curriculare. Gli strumenti da utilizzare sono gli stessi usati in classe e le mete da ricercare devono essere quelle vicine al proprio territorio.

Si può inoltre pensare al gioco- escursione, dove i giocatori sono divisi per gruppi con consegne diverse, calati in un’ambientazione storica di gioco in cui si ricevono coordinate e informazioni specifiche. Si passa poi alla caccia all’errore storico dove, attraverso lo studio di fondi di diverso periodo storico o con una narrazione verosimile, si ricercano edifici o alcune parti per verificare quali non sono più esistenti.

Infine si può utilizzare il quaderno d’indagine, che ha per obiettivo la visione articolata del processo di ricostruzione storica di un sito o paesaggio o si ricorre alle visite guidate interattive.

In un dialogo aperto con le insegnanti presenti alla serata, Elena Musci ha mostrato le diverse fasi del lavoro svolto in un modulo di 25 ore con classi miste, offrendo quindi spunti di lettura per un lavoro innovativo con gli studenti. Non sono mancate occasioni di confronto tra le parti che però hanno tutte evidenziato un'unica caratteristica: lo studio del paesaggio porta l’uomo a vedere tutto ciò che egli stesso rischia di distruggere; inoltre cogliere la trama spazio-temporale permette di sentirsi maggiormente responsabili nei confronti del proprio ambiente.

giovedì 27 Ottobre 2016

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