Cultura

Il Dante pop di Trifone Gargano conquista gli studenti del “Tannoia”

La Redazione
​Il professore di Adelfia invita i ragazzi a non essere «ignavi» perché «per il poeta fiorentino non c'è peccato più grave»​ e li incita a «camminare con le vostre gambe e a tenere la schiena dritta»
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Una lectio magistralis dedicata a un Dante inedito, i cui versi sono stati intonati al ritmo rap del Filippo Argenti di Caparezza o della pizzica del De Gregori di “Vai in Africa, Celestino”, passando per la serenata di Jovanotti e le ballate di Capossela. Il professor Trifone Gargano, docente di Didattica della lingua Italiana all’Università degli Studi di Foggia, ha incantato la platea di studenti e insegnanti dell’itet “Tannoia” che mercoledì mattina lo hanno incontrato nella suggestiva cornice di palazzo Caputi.

Un’occasione non solo per parlare del sommo poeta in modo originale e stimolante, ma anche per riflettere sul ruolo dei classici, sul valore della musica in letteratura, sul legame e sulla contaminazione tra arte e nuove tecnologie. Temi e argomenti che il professor Gargano ha affrontato con una leggerezza calviniana, mescolando i toni aulici e colti di citazioni, incursioni e analisi della Commedia ai toni prosaici e mordaci del dialetto barese e della battuta arguta.

Celestino V è sì “colui che fece per viltade il gran rifiuto”, ma diventa, nell’attualità più dirompente e nell’impetuosa satira di Gargano, anche quello che in barese si chiama “ u mbamaun”, l’infame. «Il peccato più grave per il poeta fiorentino – ha ammonito Gargano – è proprio l’ignavia, l’atteggiamento pilatesco di chi non prende mai una posizione, come l’olio che galleggia sull’acqua, senza mescolarsi, pronto a passare dalla parte del vincitore».

Dante ha ancora molto da dirci, quindi. E gli studenti del “Tannoia” lo hanno capito grazie anche al professore di Adelfia, a cui hanno dedicato un’interpretazione rap dei versi del IV canto dell’Inferno, la declamazione delle intense terzine del V, e due brani musicali, ricchi di citazioni dantesche, come “Siamo chi siamo” di Ligabue e “Destinazione Paradiso” di Gianluca Grignani.

Durante l’incontro, moderato dalla professoressa Claudia Rutigliano e organizzato dalla professoressa Maria Summo, Gargano ha presentato i risultati di una lunga ricerca, finalizzata a rintracciare e scovare echi danteschi nella musica pop, e ha suggerito un approccio sperimentale e dinamico ai classici, senza però che ciò significhi sacrificare il rigore filologico. «Non è necessario leggere tutta la sterminata opera di Dante», ha suggerito. «Ci sono dei canti, però, da cui non possiamo prescindere. Magari – ha continuato rivolgendosi ai docenti – ci saranno degli studenti che a scuola ci sembreranno disinteressati alle nostre lezioni, ma un classico troverà il modo di entrare in loro, magari resterà in un cantuccio, assopito per anni, ma prima o poi si risveglierà e si rivelerà in tutta la sua potenza».

Sono anche i cantautori italiani che hanno attinto al repertorio dantesco a dargli ragione. Il professore ha infatti mostrato la presenza pervasiva della Commedia nei testi nella musica pop italiana dell’ultimo cinquantennio: dai versi tratti dall’Inferno nella Dolente Pia di Gianna Nannini, alle note eversive del “bombarolo” di De Andrè, alla satira musicata di Niccolò Agliardi che, in un brano tratto dall’album “Da casa a casa” propone un siparietto gustoso in cui Beatrice, con sensibilità contemporanea, rimprovera al suo amato di aver composto un poema eccessivamente lungo e di non essersi dedicato abbastanza a lei. C’era sempre un canto da finire, una rima da trovare, un personaggio da convocare e un rimprovero: “…sì, m’hai portato in cielo, ma mai nemmeno un fiore”.

Persino lo Zecchino d’oro ha dovuto fare i conti con Dante: nell’ultima edizione della famosa gara canora per bambini è stato presentato un brano animato, Una commedia divina, in cui la storia d’amore tra Dante e Beatrice è strutturata secondo la fabula della Vita nova: l’innamoramento, lo scherno, il mancato saluto. Sorprende che a livelli così distanti dal punto di vista musicale e poetico, culturale e antropologico, Dante e la Commedia riescano a dare ancora qualche risposta di senso a noi che – pur lontanissimi da lui, dal suo poema e dalla sua visione del mondo – siamo ancora in cerca di risposte di senso.

Anche la dirigente scolastica Nunzia Tarantini, intervenendo al dibattito, ha sottolineato come la scuola abbia il delicato compito di porre in essere tutte le strategie utili a toccare le corde giuste per dare risposte o semplicemente suscitare domande negli studenti. E ben vengano la musica, le nuove tecnologie, gli incontri con gli autori, se contribuiscono a veicolare certi messaggi o a fornire ai docenti la chiave d’accesso al cuore di ogni discente. Sta infatti proprio tutta qui l’attualità dei classici e di Dante in particolare, ha incalzato Gargano. Abbiamo quell’immenso patrimonio che si chiama letteratura. Un patrimonio dal quale potremmo imparare che cosa sia il dolore, la gioia, l’amore, la noia, il suicidio, lo spleen</em>; un patrimonio che, però, ci permettiamo di ridurre ai minimi termini rendendolo sterile. Riduciamo la letteratura a una serie di date e di nomi contenuti in un Ipad o in un computer: è chiaro che così i giovani non possono imparare i sentimenti. E quando una persona prova un sentimento, ma non sa comprenderlo, non gli sa dare un nome, vive uno stato di angoscia dovuto al non sapere di cosa stia soffrendo e il perché stia male. La letteratura, invece, fornisce e potrebbe fornire il lessico, le parole e i paradigmi per orientarsi nello scenario emotivo, ma soprattutto sentimentale.

«Dovete camminare con le vostre gambe, ragazzi! Dante vi insegna a tenere la schiena dritta, a guardare in faccia la realtà, a lottare e morire in nome della libertà! Si diventa adulti quando non si chiama più papà». E poi, rivolgendosi a uno studente, il dantista di Adelfia ha chiuso con un’esilarante battuta, rigorosamente in barese: «Scitt u vlen a studij!» (butta il veleno a studiare, ndr).

venerdì 12 Maggio 2017

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