Politica

Onofrio Caputi Iambrenghi: «Voterò Sì perché…»

Francesca Elicio
Il noto professore di gastroenterologia definisce la riforma «un cambiamento notevole che, per quanto mi riguarda, è necessario e auspicabile e dal quale non vedo rischi per la nostra Sanità»
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Manca davvero poco al 4 dicembre, giorno cruciale che definirà le sorti della Costituzione italiana. Sono ancora molti i botta e risposta tra chi sostiene di voler votare il cambiamento e chi invece è convinto che, con la riforma, sarà attuato soltanto un deturpamento della nostra Carta fondamentale.

Quello che stiamo per presentarvi è il pensiero del rinomato professore di gastroenterologia Onofrio Caputi Iambrenghi, fervido sostenitore del Sì.

Professore, perché ha deciso di votare Sì a questo referendum?

«Voterò Sì perché la fiducia al Governo venga data solo dalla Camera e dunque sarà più semplice governare; voterò Sì perché il numero dei parlamentari passi da 945 a 630 (e vi pare poco…?).

Voterò Sì perché per fare una legge non ci sia più il ping-pong tra Camera e Senato, ma ci siano tempi e procedure più snelle; voterò Sì perché i consiglieri regionali non possano più guadagnare più di un sindaco e saranno cancellati i rimborsi ai gruppi regionali. 

Voterò Sì perché vengano eliminati gli enti inutili come il Cnel e vengano cancellati definitivamente i politici dalle province, con una riduzione di 2.500 poltrone. Inoltre, perché sia più basso il quorum per i referendum e si possano fare referendum propositivi. Infine voterò Sì perché considero questa riforma, pur nella sua imperfezione, una buona e onesta base di partenza per sbloccare il sistema politico italiano».

Caputi Iambrenghi ha poi voluto rispondere a quelle che secondo lui sono le obiezioni avanzate dal comitato del No«Si sostiene che in questo modo si distrugge la nostra Costituzione. Premesso che io difenderò sempre con i fatti e non a parole l’Italia e la nostra Costituzione di cui sono orgoglioso, questa riforma non interviene assolutamente sui “Princìpi fondamentali o supremi”. La riforma riguarda la sua applicabilità. Per coloro, soprattutto di sinistra, che si richiamano ai Padri Costituenti riporto una citazione: "di questo, che è il fondamentale problema della democrazia, cioè il problema della stabilità di governo, nel progetto di costituzione non c’è quasi nulla". L'ha scritto, mentre era ancora Padre Costituente, un certo Piero Calamandrei. Aggiungo, per i tanti di sinistra che votano No, che il Pci entrò in assemblea costituente con l'idea del monocameralismo. Tante ragioni di opportunità, legate a quel periodo storico, bloccarono la proposta. Il Pci tornò a formulare questa proposta alla fine degli anni '60 e negli anni '80, ma senza successo.
L’idea del monocameralismo riprese voce infine nel 1994, in un progetto di revisione della Carta Costituzionale scritto da Rifondazione comunista».

Poi prosegue in merito al potere dei cittadini. «Per i referendum, come già detto, si rivaluta questo istituto: il quorum resta uguale se le firme raccolte sono 500mila; se se ne raccolgono di più (800mila) si abbassa. E viene introdotto il referendum propositivo. Riguardo all'elezione dei nuovi senatori si seguirà il criterio proporzionale che ha portato all'elezione dei consiglieri regionali. Dipenderà da costoro (espressione della volontà dei cittadini) mandare a Roma persone autorevoli e pulite che difendano gli interessi del proprio territorio: ma questo è il rischio di ogni democrazia rappresentativa… Peraltro in sede di decreto attuativo è intenzione di introdurre l’elezione diretta.

Riguardo alla diminuzione dello stipendio dei parlamentari, il Pd non ha votato contro. Ha chiesto di riportare la proposta in Commissione per collegare lo stipendio alle presenze e alla produttività: e questo credo sia importante, anche come segnale. Riguardo ai consiglieri regionali, invece, occorrevano tante leggi quante sono le Regioni. Con la riforma, la legge regionale non ha più competenza su questo punto.

La ripartizione di competenze fra Camera e Senato è chiarissima: il Senato interviene solo per le leggi costituzionali e per quelle di principio volte a regolare i rapporti tra Stato e Regioni. Soprattutto il Senato non dà più la fiducia ai governi, evitandosi il rischio di maggioranze diversificate».

Onofrio Caputi Iambrenghi si sofferma su alcuni aspetti che a parere del comitato opposto risultano essere una truffa. «Con il contributo di tutti e senza ricatti si può migliorare. Certo in Italia abbiamo in problema serio di governabilità. Io ho molta più paura dei contratti semplici, dove è previsto tutto e il contrario di tutto. I contratti lunghi e dettagliati hanno un unico svantaggio: vanno letti fino in fondo. A chi dice che la riforma di Renzi sia simile a quella di Berlusconi, rispondo che in giro ci sono almeno una decina di report in cui vengono analizzate le differenze. Due su tutte: la composizione della Suprema Corte e di conseguenza l'asservimento della Giustizia al potere politico e l'introduzione del "premierato forte", ipotesi fatta propria anche da D'Alema.

Inoltre sottolineo come varie commissioni e costituzionalisti hanno lavorato da anni alla stesura di questa riforma, che non è caduta dal cielo: certo qualche aggiustamento per raccogliere un consenso maggiore in via di approvazione è stato fatto e può aver annacquato l'intento riformatore; questa riforma è stata votata da circa l'80% dell'arco parlamentare: non vi sembra abbastanza? È vergognoso piuttosto il fatto che tanti che l'hanno votata ora dichiarano di votare contro se stessi.

Quindi se vince il Sì non vince il Pd (che anzi si sta dilaniando in questa campagna referendaria), ma vince la maggioranza degli italiani di tutti gli schieramenti che vuole un cambiamento».

Cerchiamo però di capire cosa ha convinto maggiormente Caputi Iambrenghi a votare Si: «Essenzialmente due fatti di vita vissuta. Il primo è la vicenda di una legge, quella sull’omicidio stradale (ma è successo con tante altre come quella sul “caporalato”) in cui, a fronte di una unanimità tra la gente, si son dovuti aspettare ben sei passaggi parlamentari per approvarla. Una vergogna in termini etici, uno spreco in termini di spesa e di tempo che non ci possiamo più permettere. In secondo luogo i provvedimenti previsti nella riforma per la Sanità. Per la Sanità in particolare viene meno la cosiddetta legislazione concorrente tra Stato e Regioni e si ristabilisce un primato statale nelle decisioni (vedi nuova lettera m dell’articolo 117). Con la nuova dizione dell’articolo si ampliano infatti le competenze statali prevedendo l'esclusività della potestà legislativa dello Stato non solo nella determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lea) ma anche nelle "disposizioni generali e comuni per la tutela della salute e per le politiche sociali".

È poi previsto che alle Regioni resti "la potestà legislativa in materia di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali". C'è anche una cosiddetta clausola di "supremazia", per la quale lo Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva qualora "lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale".

Insomma un cambiamento notevole che, per quanto mi riguarda, è necessario e auspicabile e dal quale non vedo rischi per la nostra Sanità. Che anzi dovrebbe uscire rafforzata sul piano delle garanzie di equità e uniformità dei Lea sul territorio nazionale. E questo proprio grazie al maggior ruolo che Governo e Parlamento sono chiamati ad assumere nelle grandi decisioni di indirizzo e politica sanitaria ponendo fine, di fatto, al "primato" delle Regioni che con la riforma del 2001 sono diventate le vere dominae della sanità. Questa riforma è un tentativo per giungere, ad esempio, a una omogenizzazione dei prezzi su tutto il territorio nazionale, passo preliminare per la Centrale unica d’acquisto. E’ una cosa che vagheggio, quando torno stanchissimo dopo l’ennesima seduta di una gara d'acquisto infinita per attrezzature mediche di cui sono presidente (scelgono me semplicemente perché non ho mai rubato nulla; e le escort poi non mi interessano!).

Io, che faccio il chirurgo di mestiere, devo togliere tempo ai pazienti (poco) e alla mia famiglia (tanto), per aggiudicare gli stessi accessori che so benissimo che a Verona o Milano offrono a minor prezzo. 

Perché poi, cari amici, è facile dire che i Lea sono uguali per tutti gli italiani; ma se poi una siringa costa due volte in Puglia rispetto all'Emilia, il Ssr pugliese si potrà permettere la metà del numero di iniezioni che potranno assicurare in Emilia. Parlo di vita vissuta perchè non mi piacciono tre cose: insultare, parlare per slogan, discutere senza aver approfondito».

Nel momento in cui gli chiediamo un pronostico: «Io non rispondo. Ormai sono già tanti che hanno impostato questa campagna referendaria come se fosse una partita di calcio. Lì si fanno pronostici e si tirano fuori offese, di cui spesso ci si pente. Ormai si sono dette troppe "parole soverchie", troppi insulti. Si sono rotte le famiglie, le amicizie, le stime reciproche.Dopo il 5 dicembre, comunque vada, ognuno per la sua strada. E non ci saranno più maschere: “Chi ha lanciato la pietra non potrà più nascondere la mano”; sarebbe troppo comodo, terribilmente ipocrita e, comunque, non più credibile.
Parlo per me che ho votato e fatto votare per anni D'Alema, Bersani, Vendola, Emiliano. Adesso per me è finita con costoro. Il rancore e la fredda determinazione contro Renzi hanno ridimensionato la mia stima nei loro confronti. Sarò catastrofista, ma riguardo agli scenari futuri tutto può succedere tranne una cosa: che quell’accozzaglia del No (mai termine fu più appropriato: tanti pensieri, tante esigenze, tanti interessi, tanti personaggi che "cozzano" l'un contro l'altro con un unico scopo comune: far fuori Renzi) riesca a sedersi intorno a un tavolo per elaborare (e approvare) una proposta migliore tanto vagheggiata. Io vedo, purtroppo,con la vittoria del No, solo il dilagare del populismo, perché la gente è stanca. E vedo solo Grillo, Salvini e forse forse un redivivo Berlusconi. Per quelli di sinistra, un altro periodo di solitudine e di rabbia repressa, condannati ad essere perdenti per sempre. Meritandocelo, anche. Ma al di là dei destini dei singoli e delle fazioni, vedo scenari foschi per il mio Paese. Vi assicuro che i nostri partner europei (e non) stanno tutti alla finestra a godersi lo spettacolo. E io comunque, che ho due mutui da pagare, l'incubo notturno col numero 574 (massimo differenziale BTP/Bund) l'ho avuto ben prima che cominciassero le turbolenze finanziarie. Mi sembra di stare a ballare su un Titanic che si è già scontrato contro un iceberg di nome Trump».

giovedì 1 Dicembre 2016

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