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Intitolazione parco ad Almirante, interviene il Movimento nazionale per la sovranità

La Redazione
​Dopo la netta opposizione di Rifondazione comunista alla proposta presentata in Consiglio comunale, nel dibattito si inserisce Vito Angelo Ippedico: «Doveroso ristabilire un minimo di verità e serenità»​
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Tra i punti all’ordine del giorno del Consiglio comunale dello scorso 15 giugno era stata inserita una mozione dell’opposizione con la quale si chiedeva ufficialmente di intitolare il parco di via Minghetti a Giorgio Almirante. La questione è stata poi rimandata a una delle prossime sedute della massima assise cittadina, ma – come prevedibile – ha generato non poche polemiche.

A schierarsi nettamente contro la proposta è stata la sezione ruvese di Rifondazione comunista, con una nota nella quale chiedeva anche al sindaco di esprimersi sulla vicenda. Una nota che il commissario provinciale di Bari del Movimento nazionale per la sovranità Vito Angelo Ippedico definisce «secca e solo accusatoria, peraltro con evidenti imprecisioni storiche», e a seguito della quale secondo lui «è doveroso ristabilire un minimo di verità e serenità. L’intitolazione del parco Minghetti ad Almirante, infatti, non può essere un’occasione sprecata e va coltivata.

La guerra civile è troppo lontana ed è stata vissuta nell’odio e nel sangue di un conflitto anche fratricida, per volerla guardare ancora e sempre con gli occhi della lotta – prosegue -. Era necessario sin da allora ed è logico ancor più oggi, lavorare per pacificare e guardare serenamente ai veri problemi della società attuale, che si chiamano lavoro, povertà, solitudine, esilio sociale e morale, dittatura del mercato e consumismo. Fa specie che la sinistra non guardi a tanto e si rifugi sulla memoria e sul discredito verso un personaggio che si è saputo guadagnare il rispetto di milioni di italiani.

Io, al funerale di Giorgio Almirante nel 1988 c’ero – racconta Ippedico – e con me decine di migliaia di italiani, tanti concittadini, senza orpelli (banditi per volere della famiglia saluti romani e slogan di parte) e ho visto sfilare nella camera ardente i Pajetta, Craxi e tanti uomini di sinistra.

Almirante si recò da solo e in fila tra la innumerevole gente di sinistra, a dare le condoglianze del Msi alla morte di Berlinguer nel 1984 e non è mistero della stima che vi è stata sempre fra i due grandi uomini politici.

Qualcuno dovrebbe ricordare la battaglia accanto alla Cgil ed al Pci per il referendum sulla “scala mobile” negli anni ‘80, come le tante battaglie sociali e nazionalpopolari, per la casa, la partecipazione degli operai agli utili delle imprese, contro la corruzione e gli sprechi.

Partecipò alla guerra e quindi parteggiò, scrisse articoli su giornali vicini ad Interlandi, firmò circolari quando era nel gabinetto del ministro Mezzasoma, al pari di tanti altri uomini poi fiorenti esponenti del mondo politico e culturale del dopoguerra, come Spadolini ed Eugenio Scalfari. Fu repubblichino come Dario Fo e Giorgio Bocca, universitario fascista come Ingrao e Pajetta, vincitori dei littoriali fascisti. Ebbene, sì», ammette l’esponente politico locale. Ma subito dopo si chiede: «E cosa significa, damnatio perpetua? Subito dopo la guerra, finita senza una lira in tasca e col mestiere di rappresentante di paese in paese da svolgere, ammise gli errori fatti e prese le distanze da alcuni articoli scritti nella fase della collaborazione alla rivista “Difesa della razza”. Tanti altri paladini del passaggio tra il regime ed il governo antifascista han taciuto.

Certo Almirante era fascista; in guerra combatté, e durante la guerra d’Africa ebbe riconoscimento al merito. Tanti son stati comunisti e han governato Paesi come la Cambogia di Pol Pot e dei khmer e governano oggi affermandosi comunisti Paesi come la Corea del Nord, ma sinceramente l’elenco degli eccidi fatti in nome delle “idee” non mi appassiona. Strade dedicate ad autori di eccidi o pensioni rilasciate ai fautori delle foibe di Basovizza faran parte sempre della storia e della vita. Quel che non è condivisibile è che si appiccichi ad Almirante di tutto e di più, non capendo la funzione e l’importanza della sua opera, unanimemente riconosciuta. Non v’è bisogno di dividere e di coltivare fossati e trincee tra di noi; settant’anni sono un arco temporale che può bastare e invece si deve guardare alla pacificazione e al sentimento nazionale, memori che senza un tessuto comune vero, saremo preda di una globalizzazione consumista imperante.

Almirante va ricordato, come fatto in decine di Comuni d’Italia, anche solo per quanto pronunciò Luciano Violante durante il suo ricordo nel ventennale della scomparsa alla Camera dei Deputati: “Seppe condurre nell’alveo della democrazia quegli italiani che, dopo la caduta del fascismo e la sconfitta della Repubblica sociale, non si riconoscevano nella Repubblica italiana del 1948”», conclude Ippedico.

lunedì 19 Giugno 2017

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