Pino Minafra è da ormai 26 anni il direttore artistico, ma soprattutto il “papà” del Talos festival, nato nel 1993 dalla sua intuizione, dalla sua forza di volontà e dalla voglia di mettere in moto «qualcosa che non fossero stereotipi commerciali. A me interessava mettere qualcosa nella testa e nel cuore delle persone, arricchire la comunità».
Una storia, la sua, fatta di «piccoli gesti concreti», messi in campo non senza difficoltà e una certa dose di diffidenza da parte di una città demotivata, a volte ostile. Ma che non l’ha fermato. E che col tempo ha iniziato a capire e a farsi coinvolgere.
Dopo averci parlato con trasporto del percorso fatto dal Talos in questi decenni, il maestro Minafra ha dedicato parole d’amore anche alla banda, la sua grande passione. Una risorsa eccezionale, che ha portato la grande musica nei piccoli paesi, laddove i teatri non c’erano o erano fruibili solo da pochi. L’ha definita «un po’come Cenerentola, tutti sanno che sta in cucina, ma nessuno la va a trovare».
Un patrimonio bistrattato, ma assolutamente da non disperdere e da rivalutare. «Si sono mossi i primi passi affinché la Regione possa elaborare un progetto di legge che possa tutelare questo suono e portarlo nella contemporaneità», ci ha raccontato speranzoso. Far confluire nelle bande i ragazzi uscenti dai Conservatori, secondo lui significa «dar loro un posto di lavoro con dignità».