L'intervista

Teresa Ceglie: «Sono una persona non binaria: sono una persona fatta di sfumature, non di confini»

Veronique Fracchiolla
Veronique Fracchiolla
​Teresa Ceglie, di Ruvo di Puglia, è una persona non binary: non si sente completamente rappresentata dall'idea di maschile o femminile. «Si abbattano gli stereotipi di genere sin dall'infanzia»​
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A sei mesi dall’ok della Camera – era il 4 novembre  2020 -, ieri mattina, con 13 voti favorevoli di Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Leu e Italia Viva e 11 voti contrari del Centrodestra, è stata calendarizzata in Commissione Giustizia del Senato la discussione sul ddl Zan, il disegno di legge sulle “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”.

L’obiettivo del ddl, che dovrà essere discusso e approvato in Senato (i sostenitori auspicano nello stesso testo approvato a Montecitorio per evitare un ritorno alla stessa Camera), prima della sua conversione in legge, è quello di proteggere con più efficacia omosessuali, transgender e diversamente abili dalla propaganda e istigazione a delinquere per motivi discriminatori.

È fatto salvo il diritto di libera manifestazione del pensiero purché non violi i principi fondamentali della Costituzione.

Il ddl Zan, quindi, si configura come un baluardo nella lotta alle discriminazioni fondate sul sesso, sul genere e su identità di genere.

E proprio lo scorso 11 marzo il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione che dichiara l'Unione europea zona di libertà per Lgtbq: un passo importante anche per chi è non binary.

Ne è convinta Teresa Ceglie.

«È sicuramente un passo in avanti, perché non solo abbiamo bisogno di essere riconosciutᴈ , ma anche, e soprattutto, tutelatᴈ. Il riconoscimento e la tutela vanno di pari passo. Nello stesso tempo bisogna scardinare le norme di genere, anche nel nostro piccolo, per abbattere queste discriminazioni. Bisogna sovvertire le norme etero-patriarcali, affinchè tuttᴈ si sentano più inclusᴈ, è dalla sovversione, dalla radice, che nasce il vero cambiamento».

Teresa, di Ruvo di Puglia, è «una persona non binaria».

Cosa si intende per genere “non binary” o “non binario”?

«Letteralmente non binarismo significa uscire fuori dagli schemi, fuori dai binari, dal binarismo di genere al quale siamo da sempre stati abituati. Significa non sentirsi completamente rappresentati dall’idea di maschile o femminile.

C’è da fare una premessa per chi non è addentrato in queste tematiche: l’identità di genere e, nel mio caso, il non binarismo non vanno di pari passo con l’orientamento sessuale: sono due cose diverse e né l’una né l’altra, in qualche modo, si influenzano a vicenda».

Quando è maturata in lei la decisione di "acquisire" l'identità non binary?

«Da quando ero bambina e frequentavo l’asilo e cominciavo ad avere molto lentamente coscienza di me, del mio corpo e di come, in quanto donna, dovessi vestirmi in un certo modo, fare determinate cose “per bambine”. Perciò, notavo che in me c’era una specie di repulsione, avevo una percezione di me molto particolare, non volevo essere categorizzata o divisa in base alla mia esteriorità, al mio essere bambina.

Questa cosa mi faceva sentire diversa: ero anche vittima dello scherno dei miei compagni e delle mie compagne,  perché  in alcuni giorni mi vestivo “da maschio”,  in altri invece ero più vicina all’idea del “femminile” socialmente accettata. Ero sempre molto fluida, seppur inconsapevolmente.

Però questa cosa, fino a un paio d’anni fa, ha portato in me molta insofferenza perché era come sentirsi a metà strada in una società binaria, era come sentirsi incompleti e quasi privi di significato.

Durante il lockdown di marzo 2020 ho cominciato a pormi molte domande su me stessa perché stavo attraversando un momento difficile.

Ho fatto delle letture, mi sono documentata parecchio e ho scoperto che la terminologia  “non binary” era proprio quella che rispecchiava la mia essenza: ora avevo un posto nel mondo, perché molto spesso darsi delle etichette, come le chiamano alcuni, significa legittimarsi, significa gridare la propria esistenza, significa darsi un tono ed essere più riconosciuti».

Ne ha parlato con la sua famiglia e i suoi amici?

«Con la mia famiglia ho aperto spesso questa tematica ma non ne ho mai parlato apertamente, mentre con i miei amici sì.

I miei amici già prevedevano questa mia decisione, anche se è piuttosto una presa di consapevolezza di quello che si è, delle proprie sensazioni, della relazione che si ha con quello che ci circonda.

Per i miei genitori sarebbe qualcosa di molto complesso da processare, o da dover spiegare ecco perché, piano piano, pianto dei semi dai quali può nascere un dibattito consapevole e ragionato e non troppo d’impatto, perché sono tematiche molto complesse da affrontare».

Quando ho contattato lei per l'intervista, ho adoperato il pronome al femminile. Essendo “non binary” avrei dovuto rivolgermi usando l'asterisco o il simbolo fonetico (ǝ) o (ᴈ) detto "schwa", come preferiscono alcuni?

«Questa è una questione molto importante e da non sottovalutare.

Io continuo a utilizzare pronomi femminili, un po’ per abitudine, un po’ perché nello spettro della mia non binarietà (le identità di genere vanno sempre pensate come uno spettro e non come dei compartimenti stagni) mi sento in qualche maniera più vicina a quello che noi assumiamo sia femminile.

Però questo è un discorso che vale per me: ognuno di noi è diverso, ognuno di noi si trova in un punto dello spettro dell’identità di genere diverso. Ecco perché è sempre importante chiedersi con quali pronomi dobbiamo riferirci quando parliamo con una persona, perché così andremo a validare la sua identità di genere e  verrebbe sempre più normalizzata e non considerata un vezzo, come molta gente è portata a pensare».

Quali sono gli errori che si commettono quando si affronta la tematica dell'identità non binaria?

«Ci sono un sacco di errori che si possono commettere, frutto sia di impreparazione riguardo l’argomento sia frutto di pregiudizi e stereotipi.

Gli errori più comuni sono quelli riguardanti i pronomi, poi ci possono essere errori riguardanti il parallelismo tra identità di genere e orientamento sessuale, e quindi dare per scontato che una persona non binaria sia necessariamente omosessuale perché ha una identità di genere fluida».

Ha subito discriminazioni dopo aver dichiarato di essere non binary?

«Ho subito discriminazioni per come mi sono presentata esternamente, per come ero vestita, per come portavo i capelli: magari la gente non è stata mai a conoscenza del fatto che fossi non binaria.

Sicuramente per molta gente la non binarietà è semplicemente un vezzo, una moda, altri non riuscirebbero a capire perché è difficile svincolarsi dal concetto di binarietà di genere».

Cosa direbbe a una persona che non si riconosce in un genere definito?

«Di non sentirsi solᴈ innanzitutto, che siamo complessᴈ, che siamo fattᴈ di sfumature e non di confini e compartimenti stagni, che qualsiasi cosa senta dentro di sé è sempre valida e mai nessuno deve avere il diritto di contestarla, di cancellarla.

Le norme di genere ci precedono e hanno effetto su di noi e noi in qualche maniera siamo obbligatᴈ a riprodurle dal momento in cui nasciamo e che è normale sentirsi spaesati se non ci si riconosce più in queste norme».

Cosa possono fare le Istituzioni, tra cui anche la scuola?

«Bisogna fare più educazione sessuale nelle scuole e per "educazione sessuale" si intende proprio cominciare ad abbattere gli stereotipi di genere già dall’infanzia, permettendo ai bambini e alle bambine di giocare con quello che vogliono, non con giochi  “da maschi” o “da femmine”; bisogna partire da questi piccoli mattoncini, abituare già a un pensiero che non abbia dei preconcetti, delle strutture deleterie per il futuro.

Poi, quando si diventa più maturi, è importante educarsi, educare e ricevere insegnamenti riguardo la parità di genere, lo scardinamento delle gerarchie, la sovversione dell’identità di genere.

Alcune istituzioni e anche la scuola stessa devono svecchiarsi, non devono proporre e legittimare ancora dinamiche tossiche ed eteropatriarcali, come quelle che spesso ho vissuto io nella mia scuola, devono proporre qualcosa al passo con i tempi e i tempi, seppur granello per granello, stanno cambiando e certi processi, per quanto siano ancora lenti, si stanno velocizzando».

giovedì 29 Aprile 2021

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Uomo nero
Uomo nero
2 anni fa

Buon giorno stiamo sempre più trasformando la società attuale in peggio perché cosa significa che una persona non si sente più maschio o donna? Come dobbiamo rappresentare una persona nella società quando non si può considerarne la sua specie? Certo ognuno può democraticamente scegliere la propria appartenenza di genere ma non avevo sentito fino ad oggi affermare da un essere umano di non sapere se appartiene al genere maschile o femminile.Diamo loro di scegliere il proprio genere ma non vorrei che la cosa venga dichiarata solo per convenienza.

Ciccio Kim
Ciccio Kim
2 anni fa

Cos'è giusto? Cos'è sbagliato? Tutto e niente. Questione di punti di vista soggettivi, ognuno validissimo al pari degli altri. Il rispetto per ogni pensiero è fondamentale; ma è rispetto anche rinunciare a sovvertire a tutti i costi i canoni standard della società, in nome del pervasivo politically correct e di un nuovo concetto di “normalità” che dovrebbe essere viepiù condiviso e mai imposto. Detesto ogni forma di pregiudizio, ma rifiuto la reazione che diventa contrappasso, la facoltà che si muta in obbligo. Nessuno me ne voglia, quindi, ma continuerò a chiamare cose e persone con i suffissi di genere che l'esteriorità suggerisce, per lo stesso motivo per cui non posso chiamare il bianco in altro modo che bianco e il nero in altro modo che nero.

schwè schwè
schwè schwè
2 anni fa

per quello che mi riguarda ognuno è libero di identificarsi come vuole. ma pretendere di cambiare anche la lingua, la grammatica delle espressioni, quelle normali, mi sembra veramente inutile.

Calimero nero
Calimero nero
2 anni fa

Buona sera premesso che rispetto appieno le decisioni degli altri ma carissima Teresa Ceglie lei nel suo lungo articolo si è firmata col nome datogli dai suoi genitori alla nascita cioè quello di Teresa.Ora in virtù del nome da lei pronunciato è ovvio che lei si riconosce nel genere femminile.Certamente è inutile proseguire sul discorso della binarieta o meno della persona perché secondo il mio punto di vista lei sarebbe un signor o signorina ” Nessuno” per cui il mondo andrebbe sicuramente in estinzione perché verrebbe meno il compito di procreare non riconoscendosi ne nell' uomo né nella donna.Ne tantomeno si può cambiare le leggi che regolano le lingue nel mondo per venirle incontro.Ci ripensi su quello da lei dichiarato e con il tempo vedrà di essersi sbagliata.Saluti