«"Evviva Il 1° Maggio" si diceva una volta e si partiva con cortei, bande e bandiere e i titoli a caratteri cubitali dei giornali come l’Unità che facevano capire il pensiero degli operai».
È l'incipit della nota di Alessandro Pellegrini, coordinatore della Camera del Lavoro di Ruvo di Puglia, in occasione del 1° Maggio, festa dei Lavoratori.
«La scelta simbolica del 1° Maggio – prosegue – per non dimenticare la tragica rivolta di Haymarket Square, a Chicago, nel 1886: furono i sindacati della città dell’Illinois, appunto, a organizzare quel giorno uno sciopero per chiedere la giornata lavorativa di otto ore.
In Italia la suddetta fu introdotta soltanto due anni dopo. Nel nostro Paese la Festa del lavoro è ricorsa dal 1891, poi soppressa dal fascismo ma ripristinata nel 1945.
Il Primo Maggio del 1947 duemila persone, tra cui soprattutto contadini, manifestarono contro il latifondismo a Portella della Ginestra in provincia di Palermo. Fu un attacco armato deciso dalla mafia, con la complicità di coloro che avevano interesse a reprimere i tentativi di rivolta degli stessi contadini.
Il 1° Maggio è la Festa del lavoro ma oggi, al tempo del Coronavirus, si ripresenta pressoché come una nuova lotta e fatica beffarda, amara.
Molte aziende, non solo italiane, bensì in tutto il mondo, sono di fatto ferme con i costi vivi da affrontare per poter ripartire non appena la pandemia lo permetterà.
Tante imprese e servizi, commercianti, albergatori, ristoratori, bar etc. sono chiusi mentre non pochi, a esempio i lavoratori dello spettacolo, i camerieri, gli autisti, gli operai sono in cassa integrazione. I dati Istat sono impietosi: la pandemia toglie il lavoro soprattutto alle donne e ai giovani e senza di loro non ci può essere ripresa.
C’è chi sostiene si debba continuare a puntare su una strategia di tipo assistenzialista, perché a tutti devono essere forniti mezzi di sussistenza, e chi invece preferirebbe convogliare fondi erogati dallo Stato a fondo perduto attraverso le aziende affinché il sistema produttivo rimanga in piedi e non collassi irrimediabilmente con tutto ciò che ne consegue a ogni livello.
Ci sono vari modi di pensare: ci si divide fra la volontà di interventi basati su prestiti per somministrare in modo da “barcamenarsi” e dall’altra parte la convinzione che il credito non possa e non debba essere un debito addosso alle imprese, per cui occorrono programmi di sostegno e di garanzia da parte dello Stato.
Altri vorrebbero la concentrazione di risorse dove il danno è maggiore, all’opposto di coloro che inneggiano a provvedimenti indifferenziatamente a pioggia.
Qual è il senso, dunque, nel 2021 del 1° Maggio? Una giornata di tale importanza non può essere uguale alle altre, motivo per cui sabato 1° maggio, alle 6, sarò in Pineta, al sorgere del sole, come da tradizione, nel rispetto delle regole imposte, a ricordo di tutti i lavoratori che hanno perso il lavoro, che sono ancora sfruttati o sono morti per esso. L’alba del nuovo giorno ci indica che è mattino e che bisogna marciare insieme con il sole in faccia, con la speranza che questo sole cancelli le disuguaglianze acuite dalla pandemia e che affondano radici nel passato, nei problemi strutturali del mercato del lavoro.
Insistiamo nel dire che occorrono ammortizzatori universali e investimenti per creare lavoro oltre a misure per contrastare le povertà e che si eviti di penalizzare sempre le cittadine e i cittadini meridionali specie i più giovani».
Potrebbe esserci anche mio marito Giuseppe Cascarano domani mattina in pineta