Attualità

Barbara Cantatore, sul Cammino di Santiago in compagnia dei Santi Medici

Elena Albanese
«​Le cene condivise con coreani, tedeschi, francesi, spagnoli o americani trascorse a chiacchierare a lungo, in che lingua non lo so ancora, ma diventavamo famiglia, briciole dello stesso pane»​
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I Santi Medici di Ruvo di Puglia in versione viaggiatori non
si erano ancora visti. Immortalati in giro per il mondo come il romantico nano
da giardino del “Il favoloso mondo di Amélie” o il cartonato della sorella di
George Clooney in “Tra le nuvole”.

A portarli con sé ci ha pensato Barbara Cantatore, 43
anni, da ben 30 parrucchiera. Lo scorso luglio ha percorso a piedi il celeberrimo
Cammino di Santiago. Un’idea, la sua, nata lontano nel tempo e maturata lentamente
ma con costanza, preparazione e dedizione. «Amo leggere – ci racconta -, e
circa 15 anni fa leggevo il libro di Paulo Coelho intitolato proprio “Il
cammino di Santiago”. Mi appassionai a tal punto da cominciare a fare ricerche
sulla storia e sul meccanismo del cammino, ma mi resi subito conto che non era
facilmente fattibile. Quest’anno poi, a gennaio, è nata la necessità di intraprenderlo; ne
sentivo il bisogno, e così il mio cammino è iniziato il giorno in cui ho deciso
di farlo, a cominciare dagli allenamenti necessari allo studio dell’attrezzatura
più idonea.

Partita il 5 luglio da Bari, ha iniziato il percorso il 7. Dopo
9 giorni e 180 km, è arrivata a Santiago il 15 dello stesso mese. «Essendo il mio primo cammino non sapevo cosa mi aspettasse, e
farlo in compagnia avrebbe comportato il rispetto della resistenza di un’altra
persona, quindi rallentare o accelerare il passo che non sarebbe stato più il
mio – spiega -. Inoltre ho scelto di percorrerlo in solitaria perché avevo la
necessità di ritrovarmi, occuparmi e preoccuparmi soltanto di me stessa
cercando il silenzio». Fisicamente sola, Barbara è stata però accompagnata da una
piccola immagine «a tiratura limitata» dei Santi Medici, che ha fotografato
davanti alla cattedrale della città spagnola, icona e simbolo della meta
raggiunta. «La porto con me da anni, da quando mi è stata data dal mio amico
Rino, collega e confratello dei Santi Medici. Nei giorni più difficili durante
il cammino ho pensato al loro aiuto, visti i miei problemi di salute. Medicinali
a parte, non posso fare altro che credere che mi abbiano accompagnata quando ho
temuto di non farcela e invece ce l’ho fatta».

Dopo Santiago, Barbara ha raggiunto in bus Finis Terrae, al km
0.000, che si sporge sull’Oceano Atlantico, dove anticamente si pensava finisse
la Terra, da cui il nome. Infine, è tornata a Bari il 17 luglio.

Il suo è stato un viaggio “geografico”, ma anche (e soprattutto) interiore. Di
conoscenza di se stessa e degli altri. Dalle sue parole emergono uno stupore e una serenità talmente puri da non poterne prendere le distanze, neanche volendo. Il piacevole contagio è immediato. «Non posso dimenticare quel
silenzio che si trasforma in gioia, mentre si attraversano paesaggi dalla
bellezza singolare. Il sorriso dei viandanti che passando augurano “Buen
Camino!”
generando forza. Le cene condivise con coreani, tedeschi,
francesi, spagnoli o americani trascorse a chiacchierare a lungo, in che lingua
non lo so ancora, ma diventavamo famiglia, briciole dello stesso pane.

Ho conosciuto molta gente, storie di dolore o fallimenti
sportivi che si mettevano alla prova, ma anche chi era in cammino per
ringraziare Dio. Ognuno mi ha insegnato qualcosa, ognuno ha involontariamente
risposto a ciò che cercavo. È emozionante apprendere che se ti affidi e ti
lasci guidare dal cammino stesso hai solo da imparare; ogni dolore, che sia ai
piedi o alle spalle, ti insegna e ti costringe ad avere rispetto di te stesso. “Bisogna essere studenti e mai insegnanti per poter camminare”,
mi disse un uruguayano di 75 anni, Gabryel. Scoprimmo dopo che sua figlia si
chiama Barbara come me, la sua vita simile alla mia, la sua reazione e la sua
energia sono l’esempio che rimarrà per sempre nel mio cuore».

Come lei, «ho visto molta gente con problemi vari di salute,
portavano nello zaino più medicinali che abbigliamento. E riflettevo sulla
potenza e il mistero che dava la forza, in tutta quella fatica, di andare
avanti. E pensavo al miracolo della medicina e della scienza che ci permetteva
di non rinunciare al cammino. Scienza e mistero, due facce della stessa
medaglia».

Un fluire di sensazioni e di pensieri, dunque, che si mescolano
alla stanchezza e al dolore e magicamente producono un’energia che non si immagina, ma «l’emozione
più grande – ci svela infine Barbara – è stato l’arrivo alla cattedrale di
Santiago de Compostela, la notte insonne per l’adrenalina, la partenza
all’alba, il canto di gruppi di ragazzi durante il cammino, il caldo e poi il
cuore che ti scoppia quando scorgi la cattedrale, piangi, ridi, saltelli. La
gioia. “Ce l’ho fatta” penso, “ce l’abbiamo fatta”, dico ai Santi Medici».

lunedì 19 Agosto 2019

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