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Covid, il dottor Luciano Lorusso: «Immunoterapia passiva con plasma? Siamo cauti»

La Redazione
​Medico e direttore del Centro Trasfusionale dell'Ospedale "Bonomo" di Andria nonché presidente della sezione locale di donatori di sangue Avis​, sposa le tesi di Antonella Viola e Vincenzo De Angelis
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A partire dallo scorso maggio, in Puglia è stata avviata la sperimentazione per la immunoterapia passiva con plasma raccolto da coloro che sono guariti dal Covid-19. Questa terapia si fonda sul principio per cui nel sangue delle persone guarite sono presenti anticorpi utili a combattere il virus: sono prelevati sotto forma di plasma e iniettati in una persona malata che potrebbe superare la malattia.

Nella sperimentazione, la Regione Puglia si avvale della collaborazione dell’Azienda ospedaliera–Università di Padova che, a maggio, confermò la determinazione del titolo di anticorpi neutralizzanti anti-Sars-CoV-2 sui campioni di sangue di pazienti guariti.

Ed è di pochi giorni fa l’appello ai guariti da Covid da parte del Centro Trasfusionale di Bari a donare plasma.

Ma, nel mondo della Sanità e della ricerca, ci sono coloro che sono perplessi sulla validità della immunoterapia passiva con plasma per la cura del Covid-19. Tra loro il dottor Luciano Lorusso.

Medico e direttore del Centro Trasfusionale dell’Ospedale “Bonomo” di Andria nonché presidente della sezione locale di donatori di sangue Avis, Lorusso è stato tra i medici che, il 20 marzo, rispose all’appello straordinario del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte per creare una task force di 300 medici che avrebbero affrontato l’emergenza pandemica. Fu assegnato all’ospedale di Macerata e lì è divenuto parte, nella fatica, nel dolore, nella speranza, di una straordinaria comunità.

Lorusso, esprimendo il proprio scetticismo per la immunoterapia passiva con plasma, sposa le tesi della professoressa Antonella Viola e di Vincenzo De Angelis, direttore del Centro Nazionale Sangue.

«Credo – dice il medico che invita alla cautela – che si parli a sproposito di questo argomento e si vadano ad alimentare speranze che devono poggiare su trattamenti sostanziali e motivati da evidenze scientifiche».

Lorusso riporta quanto dichiarato da Viola e De Angelis.

Antonella Viola è professoressa ordinaria di Patologia Generale al Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova e direttrice scientifica dell’Istituto di Ricerca Pediatrica (IRP-Città della Speranza). Ha coordinato diversi progetti di ricerca nazionali, europei e americani finalizzati allo studio del sistema immunitario e del cancro. È stata membro del comitato scientifico dell’Associazione Italiana Ricerca sul Cancro (Airc) e revisore per la Commissione Europea dei progetti europei di eccellenza scientifica (Erc).

Per il suo contributo all’immunologia, ha ricevuto numerosi riconoscimenti tra cui il premio Roche, il premio del Cancer Research Institute of New York, il premio Chiara D’Onofrio, il premio Young Investigator dell’European Molecular Biology Laboratories (Embo), il premio Donne Eccellenti della fondazione Belisario, il grant dell’European Research Council come Advanced Investigator.

«C’è in giro – dichiara la professoressa Viola – un servizio pseudo-giornalistico che vorrebbe dimostrare come la terapia col plasma iperimmune sia la cura a portata di mano per il Covid-19. Il servizio mostra ospedali che la stanno usando e chiede ai medici se tra i pazienti che l’hanno ricevuta ci siano stati morti. Poi chiede ai pazienti guariti se la terapia ha funzionato e loro rispondono di sì, perché subito dopo si sono sentiti molto meglio. Ecco come distruggere il metodo scientifico in una manciata di minuti.

Ricordiamo che questi pseudo-giornalisti (Le Iene) sono gli stessi che anni fa proposero analoghi servizi a dimostrazione (secondo i loro canoni) che Stamina, la terapia-truffa di Vannoni, funzionava. E misero alla gogna uno scienziato di grandissima reputazione e serietà come Paolo Bianco. In modo analogo, nel servizio sul plasma, il bersaglio è Roberto Burioni, ma a rappresentare tutta quella classe di “esperti” che prima di dire che un farmaco o una terapia funziona chiedono le prove.

Andiamo quindi a vedere cosa sappiamo di questa terapia.

Come sappiamo ormai tutti, si basa sull’utilizzo della parte liquida del sangue (che contiene anche anticorpi) di persone che sono guarite dal Covid-19. Si prende il sangue, si separa il plasma e si utilizza per i pazienti, cercando di fornire loro un’arma in più: gli anticorpi prodotti da chi è già guarito. In linea di principio, potrebbe funzionare, ma anche no. Questo perché ci sono moltissime variabili in gioco; per nominare le più importanti: la concentrazione di anticorpi neutralizzanti nel plasma donato, la concentrazione di anticorpi nel sangue del paziente, lo stato infiammatorio/immunitario del paziente, la tempistica e il dosaggio di somministrazione, lo stadio della malattia.

Per questi motivi, è molto difficile capire se la terapia funziona, perché in assenza di protocolli standardizzati (concentrazione di anticorpi fissa, condizione del paziente, modalità e tempi di somministrazione) la variabilità è troppo alta. L’unico modo per valutarne l’efficacia e la sicurezza è attraverso i soliti studi clinici controllati randomizzati, quelli in cui c’è un protocollo ben definito e si confrontano pazienti in cui si usa il plasma con pazienti di controllo.

Cosa sappiamo sulla base degli studi esistenti? Che non c’è evidenza scientifica che il plasma iperimmune sia di beneficio per i pazienti. L’analisi dettagliata di tutti gli studi effettuati finora da parte della Cochrane (un’organizzazione internazionale che ha lo scopo di valutare gli interventi sanitari) conclude che i dati non sono sufficienti per suggerire la terapia con il plasma come efficace nella cura dei pazienti Covid-19.

Un servizio come quello trasmesso da Le Iene è quindi molto pericoloso: prima di tutto mina le basi della ricerca scientifica basata sulle prove; poi, genera aspettative e dubbi nella popolazione, che, come succedeva con Di Bella o con Stamina, vuole essere curata col plasma iperimmune e non capisce quindi perché molti ospedali non lo utilizzino. E da qui rabbia o panico.

La raccomandazione ai pazienti e ai loro familiari è di non cadere in queste trappole che hanno come unico scopo quello di fare audience e polemica. Non c’è alcun motivo per cui io o altri colleghi dovremmo negare una cura se efficace: per quanto mi riguarda, non sono mai stata pagata da un’industria farmaceutica, non ho rapporti di alcun genere con i produttori di farmaci o vaccini o anticorpi monoclonali. Saremmo tutti felici di poter dire che il plasma iperimmune funziona ed è uno strumento in più per affrontare il virus, e forse un giorno lo potremo comunicare con entusiasmo. Ma per il momento, dobbiamo basarci sui fatti e non creare false aspettative: non ci sono evidenze che questa terapia funzioni. Servono studi controllati e randomizzati per arrivare presto ad una conclusione definitiva.

Se oggi abbiamo farmaci che ci curano, vaccini che ci proteggono e terapie innovative contro malattie che reputavamo incurabili è solo grazie all’applicazione della scienza e del suo metodo, senza scorciatoie. Chi cerca scorciatoie, chi non rispetta i tempi e i metodi della ricerca scientifica, danneggia la salute pubblica, ci mette tutti in pericolo. Come è accaduto in passato, anche con l’aiuto de Le Iene».

Lorusso, poi, riporta quanto dichiarato da De Angelis nella nota 2228 del 5 novembre scorso: «Allo stato attuale i numerosi studi clinici fin qui condotti, pur confermando la sicurezza della terapia con plasma convalescente, non hanno ancora fornito risultati conclusivi rispetto alla sua efficacia».

venerdì 20 Novembre 2020

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