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Rssa, sindacati: «Via ai controlli nelle strutture, ma serve una riforma del settore»

La Redazione
​​Chiesta la documentazione relativa al personale dipendente e non che opera a qualsiasi titolo in queste strutture, la data di effettuazione dell'ultimo tampone, la tipologia e l'esito dello stesso​
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«Dopo le nostre ripetute sollecitazioni, avanzate in maniera congiunta dalla Camera del Lavoro di Bari, dalla Funzione Pubblica Cgil e dal Sindacato Pensionati Italiani di Bari, sul tema dell’emergenza sanitaria nelle strutture residenziali anziani e nelle case di riposo della Provincia di Bari, finalmente gli organi competenti hanno iniziato le opportune verifiche».

È quanto scrivono, in una nota, Gigia Bucci (Cgil Camera del Lavoro metropolitana e provinciale di Bari), Gino Lonigro (Fp Cgil metropolitana e provinciale di Bari) e Alessandro De Mario (Spi Cgil metropolitana e provinciale di Bari).

«Ci risulta infatti che l’Asl di Bari attraverso lo Spesal, Servizio di Prevenzione e Sicurezza degli ambienti di lavoro, ha richiesto con la massima urgenza alle Rsa/Rssa del nostro territorio, la documentazione relativa al personale dipendente e non dipendente che opera a qualsiasi titolo all’interno di queste strutture, chiedendo altresì di conoscere la data di effettuazione dell’ultimo tampone, la tipologia e l’esito dello stesso, oltre all’atto di nomina del medico competente.

Si chiede anche di conoscere l’applicazione del protocollo di sorveglianza sanitaria integrativo per emergenza Covid 19 adottato dal medico competente stesso. Il mancato riscontro darà luogo alle opportune segnalazioni all’autorità giudiziaria.

Tutto questo, perché, come sosteniamo da tempo, il profilo di fragilità della popolazione anziana nelle strutture ha creato condizioni favorevoli ad un forte dispiegamento della pandemia, e poiché ciò era stato già vissuto nella prima ondata, non si dovevano ripetere gli stessi errori di strategia nel fronteggiare la stessa.

Questi fallimenti riflettono la fragilità strutturale del sistema della residenzialità, ed è proprio su queste fragilità che si doveva intervenire per tempo, proprio nella fase successiva al primo lockdown per evitare i tanti decessi che purtroppo registriamo ormai quotidianamente.

Il bisogno crescente di assistenza sanitaria, emerso prepotentemente all’interno di queste strutture, affiancato all’assenza di una politica sanitaria capace di intervenire sulle criticità strutturali di quelle realtà, ha fatto si che si mettessero in atto scelte strategiche gestionali tese ad abbassare sempre più gli standard assistenziali, quasi sempre a scapito dell’applicazione dei contratti di lavoro per i dipendenti, ed al diritto all’assistenza per gli ospiti. Un processo, questo, che ha reso pesantemente vulnerabili le strutture all’arrivo del disastro pandemico.

Il virus in questa particolare tipologia di strutture residenziali, trasformatesi nel tempo in vere e proprie strutture sanitarie, non può che entrare dall’esterno e quindi occorre tutta l’attenzione possibile ed il rispetto dei protocolli di sicurezza relativi agli accessi dall’esterno ed al personale, che deve poter lavorare in sicurezza ed avere tutte le dotazioni strumentali ed i DPI necessari a protezione di sé e degli assistiti.

Ben vengano quindi i controlli per verificare il rispetto dei regolamenti regionali in materia di standard organizzativi quali-quantitativi che impongono la gestione diretta del personale core-sanitario, e non come accade in alcune realtà dove la gestione del personale è esternalizzata e per porre argine ad eventuali errori di gestione nell’immediato. Tuttavia per poter programmare il futuro di queste strutture, è necessario un confronto preventivo con le Organizzazioni Sindacali, portatori di proposte di merito, a partire da diversi e più efficaci sistemi di accreditamento ed autorizzazione, monitoraggio e controllo delle strutture.

Occorrono investimenti nella prevenzione, nella riabilitazione, nelle cure intermedie e nella medicina del territorio, favorendo le cure domiciliari, inserendo in modo molto più organico i medici di medicina generale all’interno del Servizio sanitario nazionale, per collegare la rete ospedaliera con l’assistenza primaria e la medicina territoriale ed arrivare finalmente alla definizione di una legge quadro nazionale sulla non autosufficienza che assicuri servizi e sostegni adeguati e omogenei in tutto il territorio nazionale.

Con la pandemia i “nodi” denunciati da anni sono venuti al pettine, se non ora, quando un ripensamento radicale di questo sistema?»

mercoledì 2 Dicembre 2020

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