Cronaca

Condanne per la gara sulla gestione dei randagi, la replica della Lndc

La Redazione
I rappresentanti dell'associazione ricostruiscono il quadro giudiziario, ben «lontano dall'accertamento in via definitiva della realtà dei fatti​​»
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Giunge in redazione la replica da parte della sezione ruvese della Lega nazionale per la difesa del cane in merito all’articolo pubblicato lo scorso 21 luglio sulle condanne emesse dal Tribunale di Trani relative alla gara indetta nel 2008 per la gestione di 255 cani del territorio cittadino.

Si sottolinea che la nostra testata ha chiaramente specificato che trattasi di sentenza di primo grado, dunque non definitiva, peraltro precisandolo nelle prime righe dell’articolo. Altresì è stato scritto che la condanna riguarda solamente il reato di truffa, mentre c’è stata assoluzione per quello di turbativa d’asta.

Quanto al resto, facciamo presente che l’articolo in questione non intendeva ricostruire la storia dei dissidi tra le parti. Cosa che, evidentemente, ha prodotto procedimenti giudiziari anche in sedi diverse dal Tribunale di Trani, a quanto sembra non ancora chiuse. Quanto alla sentenza di condanna per diffamazione – anche quella evidentemente non definitiva – si precisa che questa testata opera in Puglia (anzi nelle province di Bari e Bat) e, dunque, non può occuparsi di cronaca giudiziaria milanese che implica la frequentazione delle competenti sedi giudiziarie. L’articolo semplicemente rende conto di una sentenza, emessa da un giudice, in ossequio al diritto di cronaca. Sentenze per procedimenti collegati saranno pubblicate nel momento in cui verranno rese note alla testata (anche da parte di chi ci scrive) o apprese dalla stessa nelle sedi giudiziarie di competenza. Si sottolinea, infine, che né nella sentenza di cui si dà notizia né nel decreto del Gup che ha disposto il giudizio si fa riferimento ai fatti collegati da voi enunciati, motivo per il quale non è stata fatta menzione degli stessi.

Di seguito la replica integrale.

“Con riferimento agli articoli “Gara del canile di Ruvo, condannati due rappresentanti della Lega nazionale” e “Gestione contestata del canile due condanne a Trani”, comparsi rispettivamente sul sito web “RuvoLive” e sulla “Gazzetta del mezzogiorno” del 30.07.2018 deve rilevarsi che il contenuto degli stessi risulta esposto in maniera parziale e distorta all’evidente fine di ledere gratuitamente l’onore e la reputazione della Lega nazionale per la difesa del cane e dei suoi componenti.

La vicenda parte da una denuncia sporta da Malcangi Vito e Malcangi Mirko nel novembre 2013 in reazione all’ennesimo sequestro del canile “Dog’s Hostel” di Trani disposto dalla Procura di Trani con conseguente rinvio a giudizio di Malcangi Riccardo, Tatullo Maria e Malcangi Vito per rispondere dei reati di uccisione di animali (544 bi c.p), maltrattamento di animali (544 ter), detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura (727 c.2), interruzione di pubblico servizio (340 c.p.), violazione dei sigilli (349 c.p.) minaccia (612) e simulazione di reato (367 c.p.) con conseguente avvio del procedimento penale n. 8013/2013 del Tribunale di Trani tuttora pendente. Peraltro già nel settembre 2008 tale struttura era stata sottoposta a sequestro per lunghi mesi a seguito dello sbranamento in essa avvenuto dall’anziane genitrice del Malcangi Vito e delle condizioni in cui la stessa versava.

Con tale denuncia i Malcangi hanno esposto di aver subito minacce ed intimidazioni dai rappresentanti del Lndc di Ruvo, accusandoli di contiguità con associazioni malavitose,in occasione della procedura negoziata di affidamento dei cani custoditi da anni da tale associazione nel canile di Ruvo di Puglia svoltasi ben quattro anni prima, nel marzo 2009, e della successiva gara di affidamento dei cani del Comune di Andria svoltasi nell’aprile 2013 a cui la Lndc era rimasta del tutto estranea.

A fronte di tale denuncia, accompagnata da una strumentale campagna mediatica dei Malcangi, la Lega nazionale per la difesa del cane ha proposto querela per calunnia e diffamazione nei confronti dei medesimi con conseguente rinvio a giudizio e condanna del Malcangi Vito per rispondere del reato di cui agli artt. 81 cpv 595 commi 2 e 3 c.p. “perché con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in tempi diversi, tramite interviste rilasciate al canale TV “tele sveva” al sito web “Andriaviva.it” e con dichiarazioni rilasciate e riportate nell’articolo pubblicato sul sito web “andriaviva.it” offendeva l’onore e la reputazione della Lndc (lega nazionale per la difesa del cane)…con l’aggravante di aver attribuito alla parte offesa un fatto determinato, ossia la contiguità con associazioni malavitose”. Tale giudizio si è concluso con sentenza del Tribunale di Milano n. 7952/17 del 13.07.2017 con la quale l’imputato Malcangi Vito è stato ritenuto responsabile e condannato per il reato ascrittogli.

Analoga denuncia querela per calunnia e diffamazione è stata sporta anche da Rossini Antonio e Scuotto Giuseppina con conseguente avvio del procedimento penale a carico dei Malcangi n. 1431/14 RG tutt’ora nella fase delle indagini preliminari.

Inquadrandosi in tale contesto giudiziario la sentenza di primo grado resa dal Tribunale di Trani in data 1172018, risulta lampante che si è ancora ben lontani dall’accertamento in via definitiva della realtà dei fatti e della fondatezza dei reati ascritti agli imputati.

A quanto sopra deve aggiungersi che con la predetta sentenza il Tribunale ha comunque escluso la responsabilità degli imputati in relazione al contestato reato di turbativa d’asta sia con riferimento all’asta del Comune di Andria del marzo 2013 che, ancorché per avvenuto decorso del termine di prescrizione, con riferimento alla procedura negoziata del Comune di Ruvo di Puglia del marzo 2009 sicché nulla è stato accertato in ordine alle presunte minacce nei confronti di altri potenziali concorrenti che pure si erano costituiti parte civile nel processo.

Questa è allo stato la realtà processuale dell’intricata vicenda che, come appare evidente per chiunque, è ben lungi dall’essere approdata a un definitivo accertamento di una presunta responsabilità penale dei rappresentanti della Lndc di Ruvo da presumersi innocenti ex art. 27 Costituzione sino a sentenza definitiva.

Ovviamente i medesimi, pur continuando nonostante tutto nella loro encomiabile attività di volontariato che svolgono gratuitamente da anni senza lasciarsi intimorire o condizionare dalla strumentale campagna diffamatoria ai loro danni, non mancheranno di proporre appello avverso la sentenza di primo grado all’esito del deposito delle motivazioni”.

mercoledì 8 Agosto 2018

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biagio anselmi
biagio anselmi
9 anni fa

l'articolo è lungo, mo ve lo riassumo io: la sentenza di primo grado non serve a un ca**o. per arrivare alla verità VERA, bisogna attendere il terzo grado di giudizio, vale a dire la Cassazione. in base a questo fatto, una persona che venga condannato in primo e secondo grado non può essere definita un delinquente e delle sue malefatte non se ne può nemmeno parlare, si rischia una querela per diffamazione o peggio… e questo dovrebbe farvi anche capire in che condizioni si muove ed opera la giustizia italiana. comincio a pensare che i tribunali islamici siano un pò più efficienti…