Cultura

Talos, il gigante di bronzo presente tra noi

Veronique Fracchiolla
Veronique Fracchiolla
​Cleto Bucci ne mostra l'indicibile, gli effetti di ciò che avvenne nel 1992: frantumi del vaso che fu ricomposto poi nel 1993, eliminando gli elementi posticci del restauro di inizio Novecento​
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Dà il nome al
festival di musica bandistica e jazz fondato dal trombettista Pino Minafra; a
lui sono intitolate agenzie, imprese e la squadra locale di basket. Il suo nome
è comparso sull’elaborata etichetta dell’amaro prodotto dal Cavalier Tommaso
Summo e una cantina locale gli ha dedicato una linea. A Ruvo di Puglia
“sono pazzi di lui” tanto da rasentare, talvolta, il kitsch quando, in una rassegna culturale
estiva, fu eretta, in suo onore, una
statua in cartapesta dei valenti maestri putignanesi.

Si tratta di Talos (o Thalos), il gigante di
bronzo a guardia di Creta, lanciatore di pietre contro chi osasse avvicinarsi
all’isola, stordito da Medea con una pozione e poi ucciso da Peante che trafisse con una freccia la sua caviglia dove era visibile l’unica vena che attraversava il suo corpo. La sua morte, tra le braccia dei Dioscuri Castore e
Polluce, è raffigurata con finezza sul cratere attico a volute del V secolo
a.C., conservato nel centro della quarta stanza del Museo archeologico nazionale Jatta, a Ruvo di Puglia.

Della sua storia,
mitologica e archeologica, frammista a particolari di levità, ha parlato Cleto
Bucci
nel seminario open air “A Ruvo…tutti pazzi per Talos – Il dicibile
e l’indicibile sul cratere più bello del Museo Nazionale Jatta”
, lo scorso
venerdì nella piazzetta antistante l’Infopoint.

La narrazione, anche
fotografica, sul vaso di Talos ha
consentito a Bucci, già ispettore onorario ai beni artistici, storici e archeologici per il territorio ruvese
nonché console regionale per la Puglia del Touring Club Italiano, di parlare
della famiglia Jatta, in particolare del fulvo Giulio Jatta, capitano
dell’Esercito del Re, che aiutò il fratello Giovanni a coltivare e a dare
sostanza all’amore appassionato per l’archeologia e il collezionismo antico,
attraverso l’organizzazione tecnica di scavi di cui seguiva i lavori;
l’acquisto dei reperti più belli provenienti da altri siti; la spedizione a
Napoli di quelli da restaurare. L’obiettivo dei due fratelli era quello di dare
lustro alla famiglia e alla patria raccogliendo e custodendo i reperti
migliori. Reperti che, nel giro di venti anni, furono raccolti e custoditi nel
Palazzo fatto edificare da Giovanni e da Giulia Viesti, moglie di Giulio e
madre di Giovannino che lo abiterà.

Il vaso di Talos fu
rinvenuto a Ruvo di Puglia ma non si conosce la zona precisa. Fu trovato in
frantumi e ricomposto dal restauratore di fiducia degli Jatta, don Aniello Sbani.

L’autore,
sconosciuto, è identificato con il nome
convenzionale di “Pittore di
Talos”, la cui mano ha dato vita a capolavori conservati in altri musei.
Sia l’autore, sia il committente sia il proprietario del vaso, importato dalla
Grecia, dovevano essere persone raffinate e colte: sul cratere è rappresentata,
infatti, la morte del gigante così come narrata da Apollonio Rodio nel quarto
libro delle “Argonautiche”. Il poeta greco chiama Talos “l’ultimo uomo nato
dal frassino” e proprio il frassino è l’albero che si intravede alle
spalle del trio formato dal gigante e dai Dioscuri: il suo legno era necessario per la fusione del
bronzo.

La morte di Talos,
prosegue Bucci,è rappresentata su altri
reperti antichi quali un coccio nel museo di Ferrara e sugli specchi etruschi:
su alcuni è morente tra i Dioscuri, in altri perde la vita togliendo un bullone alla caviglia. Su antiche monete greche, invece, è raffigurato con le ali, in procinto
di lanciare sassi contro gli intrusi.

Parlare del vaso di
Talos significa raccontare del Museo Jatta, delle sue stanze in cui i reperti
sono conservati secondo un modello estetico: ma tutti sono degni di
ammirazione, conclude lo storico, supportato in questo lavoro da giovani
cultori quali i due omonimi Francesco Lauciello, Alessia Bucci e Francesco
Bucci.

Bucci invita a
soffermarsi sulla bellezza dei reperti di ogni stanza del Museo: nella seconda,
per esempio, è conservato anche il blocco dalle mura romane di Ruvo di
Puglia, trovato nei pressi della chiesa
del Redentore, proprio nel perimetro romano della città.

E poi mostra l’indicibile, gli effetti di quello che avvenne nel 1992: frantumi
del vaso che fu ricomposto, in seguito, nel 1993, eliminando gli elementi
posticci del restauro di inizio Novecento.

Bucci continua nel
suo excursus, con un focus sulla filatelia: le poste elleniche hanno emesso francobolli dedicati al mito degli
Argonauti e i cui bozzetti sono ispirati a vasi provenienti da Ruvo di Puglia,
come quello della lotta di Teseo con il toro di Creta, un tempo facente parte
della collezione Caputi e conservato a palazzo Caputi sino agli inizi del Novecento, mentre ora è di Banca Intesa ed è custodito a Vicenza, nelle Gallerie
di palazzo Montinari. Come anche il
“vaso di Fineo”, conservato nel museo Jatta. Altri bozzetti sono
ispirati a reperti conservati nel Museo archeologico di Napoli e nel Louvre.

La morte di Talos adorna anche villa Kerylos, nel sud
della Francia, o le anforette di ouzo, il liquore greco, e al vaso ruvese Luca
Guadagnino ha dedicato un cameo nella scena iniziale di “Call me by your
name”.

Il seminario si è
concluso con il concerto, diretto dal maestro Rocco Di Rella, a cura del Brass
di ottoni e percussioni della Banda “Basilio Giandonato”: il
programma di sala è dedicato alle colonne sonore cinematografiche e
all’improvvisazione.

I due eventi fanno
parte del programma di interventi a sostegno della qualificazione e del
potenziamento del servizio degli Infopoint turistici dei comuni
che aderiscono alla rete regionale, finanziati dall’Assessorato al Turismo per
la Regione Puglia per il Piano Strategico, in sinergia con l’Assessorato al
Turismo del Comune di Ruvo di Puglia, la Pro Loco ruvese e le associazioni
locali.

martedì 13 Agosto 2019

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