Cultura

Lost Tapes, nuovo appuntamento col sassofonista ruvese Nunzio Iurilli

La Redazione
Il polistrumentista ​Livio Minafra, nel suo progetto nato in seno a "Iazz Bann - Storie dimenticate di jazzisti che girarono il mondo", si dedica a chi fu definito "la perla ribelle​"
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Prosegue la pubblicazione dei volumi del progetto Lost Tapes di Livio Minafra.

Il 4 agosto sarà la volta di Nunzio Iurilli, la cui biografia e musica sono contenuti nel cd della collana che il pianista e docente del Conservatorio “N. Piccinni” di Bari, in coproduzione con l’etichetta Angapp Music, ha curato.

Un lavoro di restauro che, questa volta, ha acceso i riflettori sulla figura di Nunzio Iurilli, anch’egli finito fra i grandi musicisti pugliesi dimenticati.

Nato a Giovinazzo il 27 agosto del 1928, aveva iniziato lo studio del clarinetto nella Scuola di Musica di Ruvo di Puglia, dapprima con Antonio Amenduni e, poi, col fratello Alessandro. I primi racconti di Raffaele Magrone, musicista e nipote di Iurilli, individuano in Santino Tedone il compagno fin dal primissimo esordio, uno di fianco all’altro, in banda a Ruvo.

«Zio Nunzio è stata una presenza importante, probabilmente determinante per la mia vita – racconta Magrone -. L’ho frequentato intensamente dai 13 fino ai 20 anni quando, nel 1993, mi sono spostato a Roma. Dopo la morte del maestro Basilio Giandonato, è stato lui che – a suo modo – ha “vegliato” sul mio permanere nella musica. Di certo non aveva la vocazione all’insegnamento, ma amava la musica come pochi, dalla lirica al jazz».

Avranno inciso sulla formazione musicale di Iurilli anche i racconti dei concerti dello stesso Tedone, allora quindicenne, con Bruno Giannini nel ’43 tra i campi alleati americani, nonché i primi ascolti jazz alla radio. Lo ritroviamo in orchestrine locali, tra té danzanti, veglioni e concerti di Carnevale, ma sempre “a mezzo servizio”, visto che i genitori erano contrari al fatto che Iurilli concepisse la musica come una professione e volevano che facesse il sarto. La svolta si ebbe nel 1956, a causa dell’abbondante nevicata iniziata a metà febbraio. Tanta gente fu bloccata in casa per mesi, per cui Nunzio studiò intensamente il sax, trascrivendo interamente temi e soprattutto parti solistiche da alcuni dischi di jazz che si era procurato da amici di Molfetta. In particolare si focalizzò sul suono e sul fraseggio del tenorista californiano Stan Getz. Iniziò col clarinetto ma poi si concentrò su sax tenore e sulla voce.

Lasciò Ruvo di Puglia e partì in cerca di fortuna. Stette fuori pressoché ininterrottamente per una decina d’anni, fino al 1967. Il suo passaporto registra timbri di Siria, Libano, Iraq, Iran, Israele, Taiwan, Honk Hong e Giappone. Poi, sul finire degli anni ’60, stanco del lunghissimo peregrinare, decise di ritirarsi a Ruvo di Puglia, appendendo letteralmente al chiodo il sax.

Solitario e burbero, sempre elegantissimo, appassionato di astrologia e di piante officinali, negli anni ’80 prese l’abitudine di registrarsi in casa alla meglio, su cassetta. Una voce solitaria di grande classe, sovente in contrappunto al canto delle rondini sullo sfondo, che riporta alle interpretazioni di Frank Sinatra o di Sarah Vaughan.

«Mi ha ispirato lo straordinario lavoro di Gavin Bryars “Jesus Blood never failed me yet” per nastro e orchestra in cui il compositore britannico, nel 1972, cucì intorno alla voce di un vagabondo un brano orchestrale toccante e scioccante.

Così ho pensato di affidare a Gino Palmisano il compito sartoriale di dar veste al corpo vocale di Nunzio Iurilli – spiega Livio Minafra -. Palmisano è un po’ il Renato Sellani di Puglia, con la sua eleganza e padronanza su un certo tipo di song americane. Ha dato luce e protezione a questi capolavori. Antonio Molinini ha, invece, aggiunto delle gemme a My funny Valentine e Moon River, mentre il sottoscritto ha aggiunto il suono della Melodica Hohner su The nearness of you, oltre a curarne – come in tutta la collana – ricerca, editing e restauro».

Questa volta, racconta il professore, ha dovuto inventare qualcosa che non c’era poiché vi erano solo delle registrazioni di song americane cantate a cappella da Iurilli più due momenti col sax tenore. È stato Gino Palmisano ad accompagnare Nunzio Iurilli con la sua eleganza inventando dunque, assieme a Minafra, qualcosa che non esisteva. «Eseguire al pianoforte un accompagnamento postumo alla voce di Nunzio è stato un compito per nulla scontato per me, poiché ho dovuto calzare scarpe di danza, volteggiandomi prudentemente sulle punte: quelle punte però mi hanno permesso di spiccare liberamente il volo e dare libero slancio alla mia fantasia», queste le parole di Palmisano a riguardo.

Lost Tapes, dunque, salva dall’oblio colui che, stando agli aneddoti riportati dal nipote, fu definito da datori di lavoro «la perla ribelle».

Il progetto, firmato da Minafra, nasce da un’idea del 2017, in seno al lavoro condotto per “Iazz Bann – Storie dimenticate di jazzisti che girarono il mondo” di cui è promotore lo stesso professore del Conservatorio. A ispirarlo la voglia di portare sotto i riflettori una classe di sassofonisti jazz di Ruvo di Puglia. Una ricerca che ha portato Livio Minafra a raccogliere video, foto, audio, interviste a protagonisti, sopravvissuti, eredi e persone vicine a questo mondo che fu al fine di realizzarne un docufilm, con la regia di Salvatore Magrone e Lorenzo Zitoli.

lunedì 3 Agosto 2020

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