Politica

Verso l’abitare condiviso a Ruvo di Puglia

Veronique Fracchiolla
Veronique Fracchiolla
​Il cohousing sociale potrebbe rispondere alla domanda di una casa avanzata da coloro che si trovano sul limine della povertà ed emarginazione. Qualche mese fa se ne parlò in un convegno
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Il cohousing sociale, accanto all’edilizia residenziale pubblica, può diventare a Ruvo di Puglia una delle risposte sostenibili all’urgente domanda di una casa,avanzata da coloro che si trovanosul limine della povertà ed emarginazione.

Quella di destinare appartamenti, case alla coabitazione tra più persone, singole o in nuclei familiari, mettendo in comune spazi e servizi, pur garantendo la privacy con alloggi privati,è una delle azioni di politica abitativa tra le più diffuse soprattutto nei paesi del Nord Europa che contribuisce a comporre un tessuto sociale,di relazioni, una condivisione di saperi ed esperienze che arricchisce.

In Puglia, il cohousing sociale ha come riferimento normativo la legge regionale “Promozione della cultura dell’abitare sociale” n. 31 del 18 giugno 2019 presentata dai consiglieri regionali Pd Ruggiero Mennea e Gianni Liviano, primo firmatario.

La legge “consente a chi è solo di avere un luogo fisicoe umano dove condividere spese sanitarie e assistenziali, di gestione ordinaria e straordinaria; e di vivere come in una grande famiglia”. L’art. 4 prevede, poi, che la Regione finanzi ogni anno progetti di coabitare condiviso, recuperando edifici privati e pubblici.

Qualche anno fa il Comune di Ruvo di Puglia ha emanato un avviso di manifestazione di interesse rivolto a un ente di terzo settore a cui affidare l’attuazione di “Casa in Comune”, il progetto di inclusione sociale , prevenzione e contrasto al disagio abitativo: uno dei primi esperimenti di cohousing predisposto dall’Assessorato alle Politiche Sociali.

Massimo venti i beneficiari, individuati dai Servizi Sociali, del progetto:sono sfrattati, a rischio sfratto, coloro che vivono in strutture di accoglienza: per alcuni di loro si prevede un soggiorno temporaneo in un immobile comunale, la palazzina in via San Francesco d’Assisi, oggetto di interventi di riqualificazione.

Qualche mese fa, a Palazzo Caputi , si è parlata di questa “sfida sociale” durante “Spazi abitativi e trasformazioni sociali – Verso l’abitare condiviso”, convegno acui hanno partecipato il sindaco Pasquale Chieco, l’assessore e vicesindaca alle Politiche Sociali Monica Montaruli; Carmelo Rollo, Presidente Legacoop Puglia; Rossanna Zaccaria. presidentessa Legacoop Abitanti e Francesca Sorricaro, dirigente dell’area 5 del Comune di Ruvo di Puglia.

Montaruli difende questa azione dal momento che il progetto intende intervenire sulle cause del disagio abitativo: precarietà lavorativa, mancanza di un reddito sufficiente a condurre una vita indipendente. «Parliamo di una progettualità che anticipa la programmazione a livello di ambito territoriale sociale riguardo al contrasto alle povertà estreme. L’obiettivo è quello di trasformare il progetto in un servizio strutturale e stabile, efficace e coerente con le esigenze della comunità».

Montaruli ritiene che il cohousing, oltre a dare risposte più concrete e non meramente assistenzialiste a un bisogno, sia un’azione che contribuisca a far recuperare una dimensione sociale a coloro che si trovino in stato di fragilità economica. Operatori professionali, infatti, seguiranno i beneficiari supportandoli in un percorso individualizzato di circa sei mesi.

Per il Primo Cittadino, responsabile Anci Puglia al Welfare,il cohousing non è un’alternativa all’edilizia pubblica residenziale -a breve dovrebbero essere agibili i venti alloggi di edilizia popolare del Quartiere 2 – ma pone sfide urbanistiche relative al reperimento degli spazi in cui attivarlo e al loro adeguamento alle esigenze di chi lo sperimenta.

Una sfida che, per Carmelo Rollo, presidente Legacoop Puglia, potrebbe essere raccolta dai professionisti del territorio che interverrebbero, anche attraverso la domotica, a riqualificare unità immobiliari idonee al cohousing. Unità che possono trovarsi anche distanti tra loro, ma come esistono gli alberghi diffusi, perché non prevedere questa forma di cohousing? La domotica, appunto, potrebbe rispondere all’esigenza di garantire l’accessibilità ai servizie la loro condivisione. Certo sono necessari fondi strutturali, investimenti.Sarebbe utile, anche al Sud, seguire l’esempio del Nord Italiadove, attraverso le fondazioni, si sviluppanoprogetti relativi alla condivisione dell’abitare. Un esempio è la Fondazione Cariplo che,nel 2004, con la partecipazione e il supporto della Regione Lombardia e dell’Anci Lombardia, ha costituito la Fondazione Housing Sociale.

Rossana Zaccaria, presidentessa della LegacoopAbitanti, ha portato diversi esempidi cohousing sociale: Milano, Correggio, Sesto Fiorentino dovela condivisione di spazi ha spinto alla rigenerazione urbana di zone.

Ma quali strumenti urbanistici possono incentivare il cohousing in Puglia? Secondo Sorricaro, alla luce della legislazione vigente in materia, si potrebbe Inserire una variante al Pug o anche prevedere la concessione di contributi straordinari o di permessi a costruire convenzionati. Sarebbe anche utile inserire nelle norme tecniche di attuazione e nel Regolamento Edilizio la disciplina del cohousing. Certo, aggiunge provocatoriamente Sorricaro – sarebbe anche opportuna una leggera modifica alla legge regionale del 2019 che potrebbe essere più dettagliata riguardo il raggio di azione e le modalità di attuazione da parte dei Comuni.

sabato 11 Gennaio 2020

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