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Covid-19 e sicurezza, Rifondazione Comunista: «Non si batte cassa sulla pelle dei lavoratori»

La Redazione
​In una nota, la sezione ruvese del Partito è critica nei confronti della manifestazione di protesta degli edili e affini che si terrà venerdì prossimo, in Piazza Matteotti​
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Venerdì prossimo, 29 maggio, imprenditori e tutti coloro che lavorano nel settore edilizio manifesteranno in Piazza Matteotti contro la normativa relativa alla sicurezza antiCovid-19, integrata dalle previsioni del Decreto Cura Italia e da una circolare Inail del 3 aprile, considerata vessatoria perché, in sostanza, attribuisce la responsabilità, civile e penale, del contagio di un dipendente all’impresa per cui lavora.

Ma la sezione ruvese di Rifondazione Comunista, in una nota, si pone da contraltare alla protesta «nella quale in sostanza si chiede di poter deresponsabilizzare il datore di lavoro dagli oneri e dalla osservanza delle norme di sicurezza anticontagio a tutela dei lavoratori nei cantieri.

Vorremmo, innanzitutto, ricordare agli imprenditori che aderiranno all’iniziativa che i lavoratori contagiati dal Covid-19 sul luogo di lavoro sono saliti a maggio a 43.399 in Italia dall’inizio dell’epidemia. Lo si rileva dai casi denunciati all’Inail tra la fine di febbraio e il 15 maggio. Sono circa seimila in più rispetto ai 37.352 della rilevazione fatta il 4 maggio, cioè il giorno ufficiale delle riaperture di molte attività.

Non solo: i casi di infezione sui luoghi di lavoro con esito mortale denunciati all’Inail tra la fine di febbraio e il 15 maggio sono 171, cioè 42 in più rispetto al monitoraggio precedente rilevato al 4 maggio. Attualmente i morti da coronavirus sono il 40% del totale delle vittime sul lavoro.

Una realtà prevedibile viste le denunce che arrivano da tutta Italia sull’insufficienza dei dispositivi di protezione individuale e sulla mancata osservanza delle norme di sicurezza. Se ai lavoratori fosse riservata la metà dell’attenzione che il Governo ha dato alle pretese dei padroni e di Confindustria in questo periodo, non staremmo parlando di questi numeri. Dalle deroghe che hanno tenuto al lavoro il 55% dei lavoratori di industria e servizi privati, alle modalità di riapertura che oggi tutelano solo quegli interessi, non poteva e non può arrivare nulla di diverso.

Rifiutiamo ogni tipo di narrazione che porti il datore di lavoro ad essere deresponsabilizzato dalla tutela della sicurezza, della salute e della vita dei lavoratori, specialmente in Italia, dove da inizio anno le morti sul luogo di lavoro sono ormai più di 400, escluse quelle da contagio.

Ribadiamo che fare cassa e accrescere i propri profitti sulla pelle dei lavoratori (questo, sinteticamente, verrà chiesto venerdì) è un reato e come tale deve continuare ad essere considerato».

mercoledì 27 Maggio 2020

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