Si è tenuto l’11 maggio scorso nella sede
operativa “Sinergie” del Gruppo speleologico ruvese il Corso di II livello “Alla
scoperta del buio”, che vuole avvicinare il mondo speleologico alle persone con
disabilità visiva.
Il corso, organizzato dalla Scuola di Speleologia
del Gruppo Speleologico Ruvese, è stato condotto dalla dottoressa Francesca
Licordari, funzionario archeologo presso la Soprintendenza Archeologia Belle
Arti e Paesaggio per le province di Frosinone, Latina e Rieti ed esperta nelle
didattiche per disabilità visiva, e dal dottor Giammario Mascolo, psicoterapeuta
e tiflologo, che hanno introdotto e accompagnato i partecipanti a partire da
elementi teorici fino ad arrivare alle tecniche pratiche.
26 sono stati i partecipanti, tra cui una persona
non-speleo, sei i gruppi, di cui uno di fuori regione, proveniente dalla Calabria,
tre ore di lezione in aula e altrettante di simulazione, di cui la metà
trascorsa in grotta.
Dopo una prima introduzione sulle tipologie di
disabilità visiva e sull’inquadramento normativo, si è subito passati alla
discussione dei problemi relativi all’accompagnamento in grotta e alla loro
soluzione ottimale. Successivamente sono stati illustrati e testati alcuni
degli strumenti utilizzati per produrre materiale fruibile dai ciechi, come la
tavoletta per scrivere in Braille e i fogli per i disegni in rilievo sul piano
in gomma.
Al termine di questa fare, i discenti hanno
sperimentato in coppia le tecniche di accompagnamento.
Dopo la pausa pranzo, si sono diretti alla Grotta
del Trullo di Putignano, svolgendo una prima esperienza tattile. Gli allievi,
bendati, hanno toccato diversi tipi di rocce cercando di riconoscerle e
descrivendo cosa percepivano. Il sito è stato poi esplorato sempre ad occhi
bendati, mentre gli accompagnatori hanno descritto e raccontato la grotta. Il
percorso ad anello ha permesso una fruizione ottimale. Ci si è soffermati sui
punti di interesse: concrezioni particolari, differenti tipi di rocce, le micro
fratture, le concrezioni rotte, le rocce bagnate, i passaggi stretti, quelli
bassi, quelli artificiali. Finito il giro, la persona bendata ha aperto gli
occhi e guardandosi attorno ha potuto finalmente vedere tutto quello che le era
stato descritto. Dopo qualche momento di stupore e meraviglia, passata la benda
al compagno, si è ricominciato lo stesso percorso a ruoli invertiti.
Molti partecipanti non erano mai stati in quella
grotta, quindi hanno dovuto dapprima immaginarla sulla base del racconto
dell’accompagnatore, per poi associare i ricordi quando hanno potuto ammirarla.
Anche per chi l’aveva già visitata è stato come esplorare una grotta nuova, in
quanto la percezione degli spazi e degli oggetti è stata completamente
differente.
«Il buio, il nero, l’invisibile, il profondo sono
aspetti che da sempre mi affascinano; essi consentono di ampliare i miei
pensieri, il mio “sentire”, di mettere incessantemente in gioco, destrutturando
e ricostruendo, la mia percezione della realtà nello sforzo di comprendere quella
altrui. Ho potuto esplorare, affidandomi e fidandomi dell’accompagnatore, un
luogo a me sconosciuto. La sicurezza trasmessami ha fatto sì che la mia
attenzione si volgesse alle innumerevoli sensazioni extra-visive, e non solo.
Ogni volta, come fosse la prima, rimango basita da quanto tutto ciò che ci
circondi è in “comunicazione”, basta porsi in ascolto», ha commentato una delle
partecipanti.
La giornata si è poi conclusa con la foto di
gruppo di rito e la consegna degli attestati.
Le nozioni apprese consentiranno ora di poter
organizzare anche in Puglia nuovi eventi aderenti all’iniziativa “Diversamente
Speleo”, rendendo le grotte fruibili nel modo più efficace per i disabili
visivi.